martedì 14 ottobre 2025

Prodotti locali, prezzi da importazione: il paradosso dellla Repubblica Dominicana che mangia caro anche ciò che produce


Vivere ai Caraibi è spesso considerato un sogno. Mare turchese, frutta tropicale, sole tutto l’anno. Eppure, chi vive davvero in Repubblica Dominicana sa che dietro quella cartolina si nasconde una realtà economica che, ogni giorno di più, assomiglia a un cortocircuito: i prezzi salgono come in Europa, ma i salari restano fermi ai livelli del Sud del mondo.

Ciò che sorprende ancora di più è che anche i prodotti locali, quelli coltivati, pescati o allevati nel Paese, costano ormai quanto — e talvolta più — che in Italia o in Spagna. È un fenomeno che chi vive qui avverte ogni volta che fa la spesa, ma che ha radici profonde e strutturali.

Una catena lunga e costosa

La prima causa è la struttura della filiera. In Repubblica Dominicana, tra chi produce e chi compra ci sono troppi passaggi intermedi.
Il contadino vende a un grossista, che rivende a un distributore, che infine rifornisce i supermercati o i colmados. Ognuno di questi passaggi aggiunge un ricarico.

Così, il pomodoro raccolto a Sánchez o a Cotuí per 10 pesos al chilo arriva al banco di Las Terrenas a 70 pesos.
In Italia o in Francia esistono cooperative, consorzi e sistemi di distribuzione che riducono i costi e garantiscono margini più equi. Qui, invece, il piccolo produttore non ha potere contrattuale, e il prezzo finale lo decide chi controlla la logistica, non chi lavora la terra.

Agricoltura fragile e resa bassa

Un’altra differenza sostanziale è la produttività agricola.
Gran parte delle aziende dominicane è piccola, familiare e poco meccanizzata. I campi si lavorano ancora con mezzi rudimentali, senza sistemi di irrigazione moderni, e spesso senza accesso a sementi di qualità.

In più, l’energia elettrica e il carburante — necessari per pompare acqua, refrigerare i prodotti e trasportarli — sono tra i più costosi dei Caraibi.
Il risultato è che anche un prodotto “locale” incorpora costi internazionali, e finisce per costare quasi come in Europa, dove però il lavoratore guadagna cinque o sei volte di più.

Prezzi fissati sul dollaro e sul turismo

Il peso dominicano è una moneta fragile, che negli ultimi anni si è svalutata in modo costante.
Molti commercianti, per proteggersi, prezzano in dollari anche ciò che non ha alcuna ragione di esserlo: affitti, carburanti, e perfino frutta o verdura nelle zone turistiche.

A Las Terrenas, Samaná, Punta Cana o Cabarete, il mercato locale non è più “locale”, ma una vetrina per chi arriva con valuta forte.
L’avocado, il mango o il pesce fresco si vendono allo stesso prezzo che un turista europeo considera “basso”, ma che per un dominicano equivale a un lusso.

È l’effetto collaterale dell’economia del turismo: il Paese vende ai ricchi, ma fa vivere i suoi cittadini come poveri.

Speculazione e assenza di regole

A questa distorsione si aggiunge la mancanza di controllo dei prezzi e la cultura della speculazione.
In assenza di un’autorità che regoli il margine di guadagno, ogni commerciante adatta il prezzo in base al cliente.
Un chilo di riso o di patate può costare 20 pesos in un mercato di barrio e 60 in un supermercato frequentato da stranieri.

In Europa, anche nei mercati liberi, esistono controlli, cooperative di categoria e strumenti per evitare l’eccesso di intermediazione.
Qui, invece, il prezzo si forma per “percezione di valore”, non per costo reale. Se un prodotto “può sembrare caro”, allora lo diventa.

Costi di produzione gonfiati dall’energia e dai trasporti

Produrre, conservare e trasportare alimenti nella Repubblica Dominicana costa quasi quanto in Europa, e in certi casi di più.
La corrente elettrica è tra le più care della regione, il carburante si paga in dollari, e le infrastrutture — strade, magazzini, celle frigo — spesso sono insufficienti.

Un camion che trasporta banane da La Vega a Las Terrenas consuma carburante importato dagli Stati Uniti, paga pedaggi, tasse municipali, e affronta strade dissestate. Tutto questo si riflette sul prezzo finale.
Il risultato? Il consumatore paga prezzi “internazionali” per un prodotto nazionale.

Oligopoli e concentrazione del mercato

In alto nella catena ci sono pochi grandi distributori e catene di supermercati che controllano la logistica alimentare del Paese.
Quando pochi attori dominano la distribuzione, possono mantenere i prezzi alti senza timore della concorrenza.
I piccoli negozi non riescono a competere, e finiscono per allinearsi.
In mancanza di una politica agricola e commerciale moderna, il libero mercato diventa un mercato di pochi.

Il paradosso più evidente

Un esempio che riassume tutto: le banane.
In Europa arrivano da Ecuador o Costa Rica e costano circa 1,50 euro al chilo.
In Repubblica Dominicana, dove crescono a ogni angolo, spesso costano lo stesso o di più.

È un simbolo perfetto di un sistema in cui i prezzi non dipendono più dal luogo di produzione, ma dal potere d’acquisto di chi compra.
Un Paese tropicale, che produce mango, cacao, caffè e pesce, ma dove mangiare bene diventa un lusso.

Due economie nello stesso Paese

La Repubblica Dominicana vive oggi una doppia realtà economica:
una per chi guadagna in dollari — turisti, espatriati, investitori — e una per chi guadagna in pesos, cioè la maggioranza della popolazione.
Le due economie si sovrappongono ma non comunicano tra loro.
Il dollaro detta i prezzi, ma il peso paga i salari.

Questa frattura crea un effetto devastante: il costo della vita sale, ma il potere d’acquisto scende, e chi lavora nel Paese finisce per essere straniero a casa propria.

Un sistema che va ripensato

La soluzione non è semplice, ma passa da alcune scelte strutturali:

  • ridurre l’intermediazione tra produttore e consumatore,

  • sostenere le cooperative agricole,

  • investire in logistica, trasporto ed energia,

  • proteggere il mercato interno da speculazioni e prezzi in valuta estera.

Soprattutto, serve una politica economica che agganci i salari al costo reale della vita, e non al passato.
Perché non si può vivere con stipendi da 400 dollari in un Paese dove un chilo di carne ne costa quasi 10, o dove un affitto a Las Terrenas supera quello di una cittadina italiana.

Il mito del “Caribe economico” appartiene al passato.
Oggi la Repubblica Dominicana è un Paese con costo europeo e reddito africano, in cui chi guadagna in dollari vive bene, e chi guadagna in pesos sopravvive.
E finché i prezzi saranno fissati guardando al turista, non al cittadino, il sogno tropicale resterà un miraggio: bello da cartolina, ma amaro nella realtà quotidiana.




mercoledì 24 settembre 2025

Dominicana a rischio di tormenta tropicale


Due perturbazioni che minacciano di trasformarsi in tormenta tropicale stanno interessando Puerto Rico e la parte nord della Repubblica Dominicana. Una in particolare, quella più a sud, ha un 30 per cento di possibilità di trasformarsi in ciclone nelle prossime 48 ore, quando, appunto, interesserà la parte nord della Hispaniola. L’80 per cento nei prossimi 7 giorni. Nelle prossime ore si prevedono quindi piogge copiose. Poi la perturbazione si dirigerà verso le Bahamas salendo verso nord e il territorio degli Stati Uniti.

Sempre gli Stati Uniti saranno interessati dalla perturbazione attualmente più a nord, che ha un 90 per cento di possibilità di trasformarsi in tormenta.

Nessun pericolo per l’uragano Gabrielle che sta facendo dietro front nell’Atlantico.

Violata la ex residenza italiana a Santo Domingo: l’Ambasciata interviene con fermezza


Negli ultimi giorni, le reti sociali hanno acceso i riflettori su un episodio che ha profondamente turbato la comunità italiana residente nella Repubblica Dominicana: la violazione da parte di ignoti della ex residenza dell’Ambasciata d’Italia, situata in Calle Rafael Augusto Sanchez, a Santo Domingo. Sebbene l’edificio non rivesta più una funzione diplomatica, esso rimane proprietà dello Stato italiano e rappresenta il fulcro di un progetto di riqualificazione per la costruzione del nuovo compound demaniale (nella foto).

La notizia ha suscitato commozione e indignazione tra i connazionali, che conservano un forte legame affettivo con la vecchia sede. Per decenni, la residenza ha ospitato infatti celebrazioni, eventi culturali e attività sociali che hanno contribuito a rafforzare il senso di appartenenza e la valorizzazione dell’eredità italiana nella Repubblica Dominicana.

L’Ambasciata d’Italia ha prontamente segnalato l’accaduto alle autorità dominicane competenti, sollecitando misure urgenti per proteggere la proprietà, intensificare i controlli e identificare i responsabili. Le immagini diffuse online renderebbero agevole la ricostruzione dell’identità degli autori della violazione, che si auspica vengano sanzionati in modo adeguato.

Pur riconoscendo che il tempo trascorso possa aver contribuito involontariamente alla vulnerabilità dell’edificio, l’Ambasciata ribadisce l’importanza delle responsabilità che spettano allo Stato ricevente in materia di tutela delle proprietà straniere. Viene inoltre confermata la validità del progetto di rilancio della sede, che prevede il trasferimento della Residenza, della Cancelleria e di una struttura multifunzionale.

Il progetto tecnico preliminare è già stato approvato e l’Ambasciata è pronta a procedere secondo le normative amministrative vigenti, una volta concluse le operazioni immobiliari legate alla riorganizzazione del servizio visti. L’obiettivo è restituire alla comunità italiana uno spazio sicuro, moderno e rappresentativo, in continuità con la storia e il prestigio della presenza italiana nel Paese.

da La Gazzetta Diplomatica

martedì 23 settembre 2025

Servizi consolari itineranti: una richiesta di buon senso


La proposta emersa in assemblea Comites – quella di portare periodicamente un funzionario consolare a Las Terrenas per rinnovare i passaporti dei connazionali – è di buon senso e risponde a un bisogno concreto. Eppure, la risposta del funzionario presente, Rodolfo Colaci, è stata di circostanza: “valuteremo i casi impossibilitati a viaggiare”, seguita dal solito richiamo alla mancanza di fondi.

Un atteggiamento che lascia l’amaro in bocca, soprattutto di fronte alla disponibilità del consigliere del CGIE, Paolo Dussich, che durante l’assemblea Comites si è messo subito a disposizione, dichiarando che avrebbe portato personalmente e gratuitamente con la sua auto il funzionario fino a Las Terrenas e lo avrebbe riportato a casa. Alla sua offerta si è aggiunta quella di un altro connazionale, Cesare Agliodo, anch’egli disposto ad accompagnare senza alcun costo il rappresentante consolare. In questo modo, il Consolato non dovrebbe sostenere neppure un minimo peso economico.

Non è dunque questione di denaro, ma di volontà: organizzare un servizio così significherebbe avvicinare lo Stato ai suoi cittadini, e si metterebbe in atto una soluzione che renderebbe più moderno ed efficiente il servizio consolare, superando l’arcaicità di certe prassi burocratiche.

Gli esempi non mancano. Non solo l’ambasciata d’Haiti ha inviato recentemente un proprio rappresentante a Las Terrenas, utilizzando senza difficoltà una struttura scolastica, ma sabato scorso è arrivato anche il Consolato itinerante di Cuba, con tanto di ambasciatore e funzionari al seguito. Evidentemente, ad altri Paesi non pesa investire per andare incontro ai bisogni delle loro comunità.

Cinquant’anni fa, da giovane cronista, in redazione sentivo definire con un nomignolo colorito, che metteva in relazione il peso di una grossa pietra con una parte anatomica del corpo umano, quei giornalisti che preferivano restare seduti alla scrivania, attaccandosi al telefono per avere le notizie, piuttosto che andare a verificare i fatti di persona.

Siamo convinti che questo epiteto non si possa applicare ai solerti funzionari del nostro Consolato di Santo Domingo, che già in passato – quando fu proposta l’idea di un corrispondente consolare a Las Terrenas – mostrarono apertura e disponibilità. Ci auguriamo, quindi, che accolgano con lo stesso spirito positivo anche la richiesta avanzata dalla comunità e dal Comites.

sabato 20 settembre 2025

Funzionario consolare itinerante: una proposta per aiutare i connazionali lontani da Santo Domingo


Durante l’assemblea del Comites di Santo Domingo, svoltasi ieri pomeriggio, il consigliere e segretario Flavio Bellinato ha rilanciato una proposta già emersa sulle pagine del nostro giornale alcune settimane fa: istituire un servizio di funzionario consolare itinerante, che si rechi periodicamente – ad esempio ogni sei mesi – nei centri più lontani dalla capitale, in particolare a Las Terrenas, dove vive una numerosa comunità italiana.

L’obiettivo è semplice ma cruciale: evitare agli anziani e ai residenti nelle zone remote i lunghi, faticosi e costosi viaggi a Santo Domingo, con partenze nel cuore della notte, per il rinnovo del passaporto. Con un calendario prestabilito di visite, ciascun connazionale potrebbe organizzarsi in base alla data, risparmiando tempo, fatica e denaro.

Alla proposta Bellinato ha fatto eco un breve intervento del funzionario dell’ambasciata, Rodolfo Colaci, presente all’assemblea. Questi ha inizialmente riconosciuto l’esigenza, ma ha limitato l’impegno a valutare i casi di connazionali impossibilitati a viaggiare. Ha poi frenato sulla fattibilità, citando i costi e la mancanza di fondi.

Una posizione giudicata poco convincente, tanto più quando il consigliere del CGIE, Paolo Dussich, si è detto disponibile ad accompagnare personalmente con la sua auto il funzionario, accollandosi persino le spese del viaggio.

Il nodo dei costi, in realtà, appare fragile: se si sommano le spese sostenute individualmente da decine di connazionali costretti a raggiungere Santo Domingo, il peso economico complessivo risulta certamente superiore a quello di un singolo funzionario itinerante. Inoltre, non mancano soluzioni logistiche: un’aula scolastica, un’associazione locale o una sede disponibile potrebbero benissimo ospitare il servizio, come già accaduto ad esempio quando l’ambasciata di Haiti ha inviato un suo rappresentante a Las Terrenas.

La proposta non nasce da un capriccio ma da un bisogno concreto e diffuso. Garantire il diritto di ogni cittadino italiano all’accesso ai servizi consolari, anche nelle zone più distanti, significa rafforzare il legame con lo Stato e con la comunità.

L’auspicio è che l’ambasciata raccolga il segnale arrivato dal Comites e apra la strada a una soluzione pratica ed equa, che non grava in maniera insostenibile sul bilancio ma che avrebbe un impatto enorme sulla vita quotidiana di tanti connazionali.

venerdì 19 settembre 2025

Quanto costa portare una bottiglia di vino italiano nella Repubblica Dominicana?


Molti connazionali residenti a Santo Domingo, Las Terrenas o Punta Cana si saranno chiesti perché una bottiglia di vino italiano arrivi sugli scaffali con un prezzo così alto rispetto all’Italia. Non si tratta di “discriminazioni” contro i nostri prodotti, bensì di un sistema fiscale complesso che grava sugli alcolici importati, a prescindere dal Paese di origine.

I tre livelli di tassazione

Quando un importatore introduce una bottiglia di vino in Repubblica Dominicana, deve affrontare tre diversi tipi di imposta:

  1. Dazio doganale
    Il vino imbottigliato paga un dazio medio del 20% sul valore CIF (costo + assicurazione + trasporto).

  2. Impuesto Selectivo al Consumo (ISC)
    È una tassa specifica sugli alcolici che si compone di due parti:

    • Quota specifica: da ottobre a dicembre 2025 è fissata in RD$ 745,60 per litro di alcol assoluto.
      Una bottiglia da 0,75 L al 12% vol equivale a circa RD$ 67 solo di ISC specifico.

    • Quota ad valorem: pari al 10% del prezzo di vendita suggerito al pubblico (PVP).

  3. ITBIS (IVA locale)
    Su quasi tutti i beni di consumo, inclusi gli alcolici, si applica un’IVA del 18%, calcolata anche sul valore dei tributi precedenti.

Un esempio concreto

Supponiamo che un importatore compri una bottiglia di vino italiano dal costo CIF di US$ 5.

  • Al momento dell’arrivo in dogana, aggiungerà US$ 1 di dazio (20%).

  • Poi scatterà l’ISC (sia quota fissa che percentuale) che può aggiungere altri RD$ 70–80 a bottiglia.

  • Infine, l’IVA del 18% si calcola sull’importo totale già aumentato.

Il risultato è che una bottiglia che parte a 5 dollari, dopo tasse e margini commerciali, può facilmente arrivare a US$ 12–15 sullo scaffale dominicano.

Il prezzo elevato del vino italiano in Repubblica Dominicana non è frutto della somma di dazio, imposta selettiva e IVA. Un sistema fiscale che, di fatto, rende il consumo di alcolici importati molto più costoso rispetto ad altri mercati.


mercoledì 17 settembre 2025

“L’ALTRA ITALIA”: un libro che dà voce agli italiani all’estero

 


È uscito in libreria e online L’ALTRA ITALIA, il nuovo saggio di Ennio Marchetti, già autore di Noi, italiani all’estero e del romanzo Novitalia. L’opera analizza con rigore e passione il ruolo politico, sociale ed economico degli italiani nel mondo: oltre sette milioni di iscritti all’AIRE, più di cinquanta milioni di passaporti attivi e fino a 180 milioni di discendenti.

Il libro denuncia le ingiustizie subite, propone riforme concrete e invita a riconoscere gli emigrati non come “cittadini di serie B”, ma come forza viva della nazione.

 

Titolo: L’ALTRA ITALIA: il nuovo libro di Ennio Marchetti sugli italiani nel mondo

Titolo: L’ALTRA ITALIA: il nuovo libro di Ennio Marchetti sugli italiani nel mondo

È stato appena pubblicato L’ALTRA ITALIA, il nuovo libro di Ennio Marchetti, giornalista e scrittore che da anni si occupa di emigrazione italiana. Dopo il saggio Noi, italiani all’estero e il romanzo Novitalia, con quest’opera Marchetti compie un passo ulteriore: dalla narrazione alla rivendicazione politica.

Il volume affronta temi cruciali: la sottorappresentanza parlamentare, i limiti del voto per corrispondenza, le difficoltà legate alla cittadinanza, le pensioni, la sanità e le discriminazioni fiscali. Ma non si limita a denunciare: propone soluzioni concrete, dall’istituzione di un Ministero per gli Italiani all’Estero alla creazione di un Consiglio mondiale indipendente, fino alla richiesta di pari diritti e servizi rispetto ai residenti in patria.

Un capitolo è dedicato anche al MAIE (Movimento Associativo Italiani all’Estero), nato come esperienza politica originale e autonoma, capace negli anni di interpretare le esigenze delle comunità italiane nel mondo. La presenza del MAIE viene analizzata come esempio di rappresentanza politica costruita fuori dagli schemi tradizionali, e come possibile punto di riferimento per dare più forza alle rivendicazioni collettive.

I numeri parlano da soli: sette milioni di iscritti all’AIRE, cinquanta milioni di passaporti italiani attivi e fino a 180 milioni di discendenti. Una comunità che, se organizzata, può esercitare un’influenza determinante sulla politica nazionale e internazionale.

L’ALTRA ITALIA non è solo un libro, ma un appello: “o ci ascoltate, o ci organizziamo”. Una voce forte che si rivolge tanto alle istituzioni italiane quanto ai connazionali all’estero, per trasformare una presenza storica in una vera forza politica globale.

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