In Repubblica Dominicana, la legge 176-07 elenca con precisione le competenze dei Comuni.
Sulla carta sembrano molte. Nella realtà, però, è evidente quanto restino limitate rispetto ai bisogni reali di una città moderna.
Ecco cosa stabilisce l’Articolo 19, che definisce le competenze “proprie o esclusive” dei municipi:
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regolamentazione del traffico urbano e rurale;
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gestione dello spazio pubblico;
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prevenzione ed estinzione degli incendi (e finanziamento dei vigili del fuoco);
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pianificazione urbanistica e gestione del territorio;
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manutenzione e uso di parchi e aree verdi;
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norme igieniche e salute ambientale;
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piccole infrastrutture urbane: pavimentazione urbana, strade rurali, marciapiedi, contenes, cammini vicinali;
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tutela del patrimonio storico e culturale;
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costruzione e gestione di mercati, fiere e mattatoi;
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gestione dei cimiteri e servizi funerari;
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installazione dell’illuminazione pubblica;
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pulizia urbana;
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raccolta e gestione dei rifiuti;
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regolamentazione del trasporto pubblico urbano;
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promozione dello sviluppo economico locale.
Letto così, il quadro sembra persino ampio. Ma il problema nasce osservando ciò che manca:
nessuna competenza in sanità, nessuna nel turismo, nessuna nella gestione dell’energia, del porto, della scuola, delle grandi opere, né dei principali servizi che determinano il destino economico e sociale di un territorio.
Le città hanno responsabilità minime e dipendono dal Governo centrale
Le competenze dei Comuni dominicani riguardano attività spesso marginali, quasi sempre di manutenzione o di regolamento, raramente di progettazione strategica.
Il risultato è un sistema amministrativo in cui le città — da Las Terrenas a Puerto Plata, da Santiago a Pedernales — non possono decidere quasi nulla sui grandi temi che contano davvero.
Per un progetto turistico serve il ministero.
Per un ospedale serve il ministero.
Per un ponte, una strada grande, un acquedotto, un porto, un aeroporto, un piano energetico, serve sempre il ministero.
I sindaci possono pulire, asfaltare qualche via, mettere l’illuminazione pubblica, gestire i rifiuti e poco più. Tutto il resto è centralizzato.
Il grande equivoco fiscale
In teoria, i Comuni dovrebbero essere motori di sviluppo.
Ma come, se le tasse locali non restano sul territorio, e la maggior parte delle entrate finisce al Governo centrale?
Il principio del decentramento — applicato in gran parte dei Paesi moderni — è semplice:
chi vive sul posto conosce meglio di chiunque altro ciò di cui la sua città ha bisogno;
e dunque deve poter decidere e gestire il proprio bilancio.
In Repubblica Dominicana, invece, accade l’opposto.
La domanda inevitabile: cos’è, per questo Paese, il “decentramento”?
Guardando la lista delle competenze, viene da chiedersi se il concetto di decentramento sia davvero compreso.
Non basta dire che i Comuni “gestiscono il territorio”: occorre dotarli di risorse, autonomia fiscale e poteri decisionali reali.
Perché senza queste tre condizioni, il decentramento rimane soltanto uno slogan.
Un Paese moderno ha bisogno di città protagoniste
Se la Repubblica Dominicana vuole crescere in modo equilibrato, deve riformare il ruolo dei municipi:
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destinare ai Comuni una quota maggiore delle tasse prodotte nel territorio;
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attribuire loro competenze reali in settori chiave come turismo, sanità locale, ambiente, prevenzione del rischio, mobilità e sviluppo economico;
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permettere loro di pianificare direttamente progetti e investimenti strategici;
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stabilire controlli trasparenti, per evitare sprechi e clientelismi.
Solo così si potrà parlare di “governo locale” in senso moderno.
Fino ad allora, i Comuni resteranno strutture operative ma non decisionali, con responsabilità minime e poteri insufficienti per guidare il futuro delle loro comunità.

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