mercoledì 19 novembre 2025

AIRE, sanità e “rientri strategici”: la verità sulla zona grigia che nessuno vuole affrontare


Negli ultimi giorni, dopo l’avvio della discussione parlamentare sulla proposta di legge che imporrebbe 2.000 euro l’anno agli italiani iscritti all’AIRE residenti in Paesi extra-UE per poter accedere al Servizio Sanitario Nazionale, è esplosa una domanda molto semplice e molto scomoda:

«E se rientrassi in Italia, riprendessi la residenza, mi facessi curare,
e poi tornassi all’estero senza reiscrivermi all’AIRE?»

È la domanda che circola nelle chat degli italiani in America Latina, Africa e Asia. Una domanda che nasce dalla paura di una misura percepita come punitiva nei confronti di chi vive in Paesi dove gli stipendi medi sono di poche centinaia di dollari al mese.

Ma questa domanda merita una risposta onesta, non ideologica.


🔶 La residenza “di ritorno”: un’area grigia che esiste davvero

La legge italiana è chiara: per essere residenti bisogna avere dimora abituale in Italia.
Eppure, nella pratica, migliaia di persone rientrano ogni anno per:

  • operazioni programmate,

  • visite specialistiche,

  • cure oncologiche,

  • riabilitazioni,

  • o per ottenere farmaci molto costosi.

Una volta riacquisita la residenza, si rientra automaticamente nel SSN e si ha diritto a tutte le cure necessarie, senza ticket aggiuntivi.

Questo accade perché il sistema sanitario italiano non è un’assicurazione privata:
non chiede “prova di presenza”, non controlla quanto tempo vivi davvero nel Paese, non revoca retroattivamente le prestazioni già erogate.


🔶 Dopo le cure, molti ripartono. E il sistema non se ne accorge.

Il punto centrale, il vero nodo politico, è questo:

Se ricevi cure mentre sei residente, quelle cure rimangono valide anche se dopo riparti e non torni più.

Il massimo che può accadere, a distanza di mesi:

  • il Comune ti cancella la residenza perché non ti trova;

  • l’ASL chiude il medico di base per irreperibilità;

  • oppure ti arriva una comunicazione che ormai non leggerai nemmeno, perché vivi all’estero.

Ma:

❗ Le cure già ricevute non vengono annullate.
❗ Nessuno ti chiede indietro visite o interventi ordinari.
❗ Non esiste un recupero automatico dei costi.

Solo in casi eccezionali (trapianti, oncologia avanzata, interventi costosissimi) l’ASL può attivare accertamenti – ma riguarda numeri microscopici.

La verità, scomoda per lo Stato, è che il sistema non ha strumenti per impedire che questo accada.


🔶 Perché la proposta della quota annuale è nata?

Proprio perché migliaia di italiani nel mondo già utilizzano questa “zona grigia”.

Il legislatore vede:

  • chi rientra per operarsi,

  • chi sfrutta la residenza temporanea,

  • chi dopo le cure riparte.

E quindi tenta una misura rigida e generalizzata:
far pagare 2.000 euro l’anno a tutti gli italiani AIRE dei Paesi extra-UE.

Una sorta di “assicurazione obbligatoria” retroattiva.

Ma questa proposta ignora completamente due realtà:

1. Gli stipendi nei Paesi extraeuropei

In Repubblica Dominicana, come in gran parte dell’America Latina, uno stipendio comune oscilla fra 200 e 500 dollari al mese.
Non esiste possibilità concreta di pagare 2.000 euro all’anno.

2. La mobilità reale degli italiani nel mondo

Molti vivono all’estero, ma la loro “casa di cuore”—e spesso la loro unica possibilità sanitaria per malattie serie—rimane l’Italia.


🔶 Un rischio politico: colpire i più deboli, non i furbi

Chi già “approfitta” della residenza di ritorno continuerà a farlo: basta rientrare per qualche mese, riattivare la residenza, curarsi e poi ripartire.

Chi invece verrebbe punito dalla quota annuale?

  • i pensionati in America Latina,

  • i lavoratori a basso reddito,

  • gli italiani che vivono in Paesi con sanità carente,

  • chi ha malattie croniche e non può permettersi assicurazioni private.

La vera stortura è che si tenta di colpire un fenomeno complesso con un martello invece che con un bisturi, creando una nuova ingiustizia invece di risolvere quella precedente.


🔶 La domanda finale è politica, non burocratica

Lo Stato italiano vuole davvero spingere milioni di cittadini AIRE:

  • a rientrare “di corsa” per non pagare?

  • a cancellarsi temporaneamente dall’AIRE?

  • a tornare residenti solo per non essere tassati per la sanità?

O vuole creare una sanità a pagamento solo per gli italiani all’estero più poveri?

Perché, tolte le parole, questa legge rischia di fare proprio questo.


🔶 Conclusione

Il dibattito non può ignorare la realtà:

👉 La residenza temporanea per cure esiste.
👉 Il SSN non revoca cure già erogate.
👉 Chi non potrà pagare cercherà comunque soluzioni alternative.
👉 Una tassa fissa di 2.000 euro colpirebbe i più deboli, non i “furbi”.

Se l’Italia vuole davvero tutelare i suoi cittadini nel mondo, deve costruire un sistema equo, sostenibile e moderno, non punitivo.

Perché gli italiani all’estero non sono un costo:
sono una risorsa che lo Stato non può permettersi di perdere.


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