martedì 25 novembre 2025

La riforma della cittadinanza proposta dal MAIE: la lingua italiana come ponte tra generazioni

 


Il dibattito sulla cittadinanza italiana torna al centro dell’attenzione, soprattutto nelle comunità italiane del Nord America, Centro America e Caraibi. La nuova proposta di legge presentata dal MAIE introduce un tema fondamentale: il ruolo della lingua italiana nella trasmissione dell’identità nazionale alle generazioni nate e cresciute all’estero.

Secondo quanto riportato anche da Italianismo, la proposta garantirebbe la cittadinanza automatica a figli e nipoti di italiani, mentre richiederebbe un certificato di lingua italiana B1 a partire dalla terza generazione. Un cambiamento che molti temevano potesse costituire un ostacolo. Ma è davvero così?

Lingua italiana: non un limite, ma una forma di appartenenza

Per una larga parte della nostra comunità, il nuovo requisito non rappresenta affatto una barriera. Al contrario, è percepito come una prova seria di legame culturale, un modo per dimostrare di non cercare “un passaporto in più”, ma di voler davvero far parte della storia e delle radici della propria famiglia.

Molti italo-discendenti, infatti, rivendicano con orgoglio la propria italianità: studiano l’italiano, mantengono tradizioni, celebrano la cucina, la cultura e il patrimonio familiare. Ottenere un livello B1, ovvero una conoscenza di base ma concreta della lingua, è un traguardo ampiamente alla portata di chi desidera davvero la cittadinanza.

In altre parole: non è un ostacolo, è un ponte.

Perché il test linguistico è un valore aggiunto

  • Rafforza il senso di appartenenza: la lingua è il primo elemento identitario condiviso da una comunità.

  • Crea continuità con le radici: molte famiglie hanno perso l’italiano nel corso delle generazioni; il test spinge a recuperarlo.

  • Favorisce l’integrazione in Italia di chi desidera trasferirsi per studio o lavoro.

  • È un livello “raggiungibile”: non parliamo di italiano avanzato, ma di un livello intermedio, già richiesto in molte altre procedure di cittadinanza europee.

Molti italiani all’estero lo ricordano: i nostri nonni sono partiti parlando solo italiano (e spesso dialetto), e il loro primo gesto per integrarsi fu imparare la lingua del Paese che li ospitava. Oggi, il percorso si completa al contrario: chi desidera riconquistare la cittadinanza dei suoi antenati dimostra impegno e amore studiando l’italiano.

Un messaggio alla nostra comunità nelle Americhe

Nel contesto degli Stati Uniti, del Canada, del Messico, della Repubblica Dominicana e di tutta l’America Latina, dove vivono milioni di italo-discendenti, il requisito linguistico va visto come un’opportunità e non come una punizione.

È anche un invito a:

  • rafforzare i corsi di italiano nelle associazioni locali,

  • coinvolgere scuole e centri culturali,

  • lavorare in rete con consolati, Comites e istituzioni italiane all’estero.

Una comunità che parla italiano è una comunità che rimane viva, visibile e rilevante anche nei rapporti con l’Italia.

La proposta MAIE introduce certamente una novità, ma lo fa seguendo una logica chiara:

E chi desidera davvero diventare cittadino italiano non teme un test linguistico: lo accoglie come un atto d’amore verso la propria patria d’origine.

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