Dopo oltre 140 anni, la Repubblica Dominicana volta finalmente pagina in materia di giustizia penale. Il vecchio Codice, redatto nel lontano 1884 e basato sul modello francese ottocentesco, è stato ufficialmente sostituito da un nuovo testo legislativo, moderno e articolato, che entrerà in vigore nell’agosto 2026. La riforma, contenuta nella Legge 74‑25, è stata firmata dal Presidente Luis Abinader lo scorso 3 agosto 2025, ponendo fine a decenni di attese, rinvii e polemiche.
Non si tratta di un semplice aggiornamento. Il nuovo Codice Penale rappresenta una riforma strutturale e profonda, in linea con i cambiamenti della società dominicana e con le sfide del XXI secolo. È il frutto di lunghi dibattiti parlamentari, pressioni della società civile, esigenze internazionali e — soprattutto — dell’evidente bisogno di uscire da un quadro normativo ormai superato, incapace di affrontare i crimini moderni.
Una giustizia più al passo coi tempi
Il nuovo Codice è suddiviso in due grandi sezioni: una parte generale, che definisce i principi del diritto penale (legalità, colpevolezza, proporzionalità delle pene, responsabilità personale, umanizzazione del castigo), e una parte speciale, dove sono elencati e descritti in modo dettagliato i singoli reati.
L’approccio scelto è ispirato al garantismo costituzionale e mira a sostituire definitivamente la visione antiquata e repressiva del passato. Spariscono i “reati rurali” e le categorie giuridiche vaghe. Al loro posto, un sistema coerente, chiaro e in sintonia con la Costituzione del 2010.
Crimini nuovi, pene più severe
Una delle novità più visibili è l’introduzione di reati fino ad oggi non previsti o trattati in modo frammentario. Parliamo di femminicidio, sicariato, violenza psicologica ed economica, bullismo digitale, abusi tramite deepfake, estorsioni con immagini intime, truffe piramidali, istigazione al suicidio, intermediazione finanziaria illecita.
Sono inoltre riconosciuti, per la prima volta nella storia dominicana, crimini come il genocidio, i crimini contro l’umanità, la sparizione forzata, e viene introdotto il concetto giuridico di dolo eventuale.
La pena massima viene aumentata da 30 a 40 anni di carcere, con la possibilità di arrivare a 60 anni in caso di cumulo di reati gravi. È un cambiamento radicale, pensato per rispondere alla crescente domanda di sicurezza e di giustizia da parte della popolazione.
Le vittime finalmente al centro
Un altro punto qualificante della riforma riguarda la protezione delle vittime. Il nuovo Codice prevede l’adozione di misure restrittive contro gli aggressori, come divieti di avvicinamento, obblighi di controllo socio-giudiziario, e l’istituzione di un registro nazionale dei criminali sessuali.
Inoltre, i reati sessuali contro minori potranno essere perseguiti fino a 30 anni dopo il compimento della maggiore età della vittima, riconoscendo la complessità emotiva e psicologica di denunciare abusi in giovane età.
Anche le imprese possono essere colpevoli
Per la prima volta nella storia giuridica del Paese, il Codice prevede la responsabilità penale delle persone giuridiche. Le imprese potranno essere chiamate a rispondere di reati commessi nel loro interesse, come corruzione, frodi, traffico d’influenze o reati ambientali.
Non si tratta solo di punire, ma anche di premiare il rispetto della legge: il Codice introduce strumenti di “compliance”, ovvero programmi interni di prevenzione del crimine, che potranno alleggerire la responsabilità dell’impresa in caso di infrazione.
Le critiche: e l’aborto?
Nonostante i numerosi progressi, non mancano le critiche. La più accesa riguarda l’assenza di depenalizzazione dell’aborto, che resta vietato in ogni circostanza, anche in caso di stupro, incesto o pericolo per la vita della madre. Molte organizzazioni per i diritti umani e per la salute riproduttiva hanno denunciato questa scelta come un grave passo indietro.
Alcuni giuristi, inoltre, mettono in dubbio l’efficacia pratica della riforma. Il penalista Cándido Simón, ad esempio, ha affermato che “si tratta solo di un aumento di reati e pene, senza un vero ripensamento del sistema giudiziario”.
Un passo avanti, nonostante tutto
Critiche a parte, è indubbio che il nuovo Codice Penale rappresenti una svolta storica per la Repubblica Dominicana. Per la prima volta, il Paese si dota di uno strumento moderno, aggiornato, capace di affrontare i reati della contemporaneità con un linguaggio chiaro e una struttura coerente.
Ora resta la sfida più grande: applicarlo bene. Perché una legge, da sola, non basta a cambiare la realtà. Servono giudici preparati, forze dell’ordine competenti, avvocati coscienziosi e cittadini consapevoli. Ma almeno, dopo 141 anni, la strada è tracciata.
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