Quante volte, in Repubblica Dominicana, noi stranieri — soprattutto se osiamo esprimere un’opinione — ci siamo sentiti dire con quel tono velenoso:
“Se non ti piace, torna a casa tua.”
Una frase stupida. Ignorante. Inutile.
Una frase che non meriterebbe risposta, se non fosse così diffusa da dover essere smontata pubblicamente, una volta per tutte.
Qual è “casa mia”?
È forse il luogo dove sono nato, magari per caso, solo perché lì mia madre mi ha partorito?
O è il luogo che ho scelto? Dove ho piantato radici, dove ho investito i miei risparmi, le mie energie, il mio tempo e — soprattutto — il mio cuore?
La Repubblica Dominicana è casa mia, perché ci vivo da anni, perché pago le bollette, le tasse, i collaboratori. Perché rispetto le leggi, la gente e la cultura locale. Perché cammino per strada con amore per questo Paese, anche quando non ne condivido tutto. Perché mi preoccupo della comunità. E perché — diciamolo — spesso contribuisco molto più di chi si limita a nascere qui e poi non fa nulla per migliorare il posto in cui vive.
Ma non ho mai rinnegato, né rinnego, la mia italianità.
Al contrario: sono profondamente italiano, e proprio per questo non ho mai voluto la doppia cittadinanza. L’Italia è la mia patria, la mia lingua madre, la mia cultura. È il mio sguardo sul mondo. Ma una patria non esclude l’altra. Si può amare profondamente la propria terra d’origine e quella che si è scelta per vivere.
Molti italiani (e stranieri in generale) in questo Paese si definiscono “ospiti”.
Con tutto il rispetto: smettiamola di chiamarci ospiti.
Non siamo in albergo.
Non siamo di passaggio.
Siamo parte attiva di questa società.
Siamo genitori di figli nati qui. Siamo imprenditori, lavoratori, pensionati che hanno scelto di vivere e di contribuire.
Un ospite è temporaneo. Noi no.
Un ospite si adatta in silenzio. Noi no.
Noi osserviamo, partecipiamo, critichiamo (quando serve), miglioriamo (quando possiamo). Questo non è un privilegio: è un diritto. Come in ogni democrazia.
E se qualcuno si sente minacciato dal fatto che uno straniero abbia idee, voce, presenza, forse dovrebbe farsi una domanda:
cos’ho fatto io, oltre a nascere qui?
Susanna Tamaro scriveva: “Va’ dove ti porta il cuore.”
Ecco, il mio cuore mi ha portato qui. E qui ho messo tutto me stesso.
Chi non lo capisce, è libero di non capirlo.
Ma non ha nessun diritto di zittirmi.
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