lunedì 4 agosto 2025

I padri dimenticati della cittadinanza italiana all’estero: la verità che molti ignorano

 

Ritratto di Mirko Tremaglia, primo e unico Ministro per gli Italiani nel Mondo, promotore della legge sulla cittadinanza agli italiani all’estero.

Chi ha voluto davvero la legge che riconosce la cittadinanza agli italiani all’estero?

Una domanda che oggi più che mai merita una risposta chiara. Non solo per informare chi non lo sa, ma soprattutto per ricordarlo a chi, pur sapendolo, fa finta di averlo dimenticato.

Un po’ di memoria storica

Nel corso degli ultimi anni, soprattutto con l’aumento delle richieste di cittadinanza iure sanguinis, si è tornati a parlare della legge che consente agli italiani nel mondo – o meglio, ai loro discendenti – di ottenere la cittadinanza italiana.

Ma pochi ricordano chi fu il vero promotore di questa battaglia storica: Mirko Tremaglia.

Ministro per gli Italiani nel Mondo, esponente del Movimento Sociale Italiano e poi fondatore di Alleanza Nazionale, Tremaglia fu l’autore e principale sostenitore della Legge 459 del 27 dicembre 2001, conosciuta appunto come Legge Tremaglia, che riconosceva il diritto di voto agli italiani residenti all’estero e apriva la strada a una cittadinanza piena, dignitosa e partecipativa.

(Lui voleva un’Italia forte anche all’estero. E ci aveva visto lungo.)

Ma Tremaglia fece ancora di più: fu il primo – e ad oggi l’unico – vero Ministro per gli Italiani nel Mondo, con un dicastero specifico, autonomo e dotato di risorse.
Un ministero nato per dare voce a milioni di italiani all’estero e ai loro discendenti.
Un segno concreto che lo Stato italiano riconosceva finalmente quella parte di sé sparsa per il mondo.

Un ministero che però durò poco: venne soppresso dal governo Prodi nel 2006, nel silenzio generale.
Un atto che molti ignorano, ma che segnò la fine di una fase storica in cui l’Italia aveva davvero scelto di occuparsi dei suoi cittadini all’estero in modo strutturale e non solo simbolico.

Tremaglia non agì per tornaconto elettorale, ma per visione politica e culturale: quella di un’Italia capace di restare legata ai suoi figli, anche a migliaia di chilometri di distanza, e di valorizzare una rete mondiale di identità, memoria e appartenenza.

Oggi: tra proclami e ipocrisie

Ed è proprio per questo che oggi fa riflettere (e indignare) vedere alcuni esponenti dell’attuale opposizione parlamentare ergersi a difensori di una legge che per anni hanno criticato, ostacolato o cercato di eliminare.

Lì dove prima si parlava di “abusi”, “discendenti troppo lontani”, “diritti da restringere”, oggi – solo perché sono all’opposizione – quegli stessi politici si scoprono paladini della cittadinanza all’estero.

Una trasformazione improvvisa che sa più di calcolo che di convinzione.

La verità che non si può ignorare

La verità è semplice, e chi conosce la storia la ricorda bene:
l’unico vero paladino della cittadinanza italiana agli italiani nel mondo si chiamava Mirko Tremaglia.
E non sedeva certo tra quelli che oggi fanno proclami sui social o dichiarazioni roboanti in Parlamento.

La sua legge nacque da un principio: la cittadinanza non è solo un pezzo di carta, ma un legame profondo con la nazione, una questione di identità e memoria.
Per questo volle che anche chi non era nato in Italia, ma ne conservava il sangue, il cognome, la cultura e l’amore, potesse sentirsi italiano a pieno titolo.

Non dimentichiamo

In un tempo in cui tutto sembra ridursi a slogan, vale la pena ricordare chi ha davvero costruito ponti tra l’Italia e il mondo.
E vale la pena denunciare l’ipocrisia di chi oggi difende ciò che ieri ha cercato di distruggere.

La cittadinanza italiana all’estero non è un privilegio. È un diritto costruito con passione, coerenza e amore per il Paese.
Chi oggi ne parla solo per convenienza politica non fa onore a quella battaglia, né a chi l’ha combattuta.

Autore: 

(Con riconoscenza e rispetto verso il lavoro di Mirko Tremaglia e tutti coloro che hanno creduto negli italiani nel mondo.)

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