giovedì 7 agosto 2025

La nuova legge sugli affitti è un passo avanti. Ma chi difende l’inquilino fragile?


In Repubblica Dominicana è finalmente arrivata una legge che prova a mettere ordine nel complicato mondo degli affitti. Dopo decenni in cui tutto si basava su accordi verbali, favoritismi e rapporti di forza, oggi i contratti devono essere scritti, registrati, il deposito cauzionale non può superare i due mesi, e lo sfratto è possibile solo con ordine giudiziario. Tutto bene, sulla carta.

Ma nella vita reale le cose sono ancora più complicate. Perché la legge si ferma dove comincia la fragilità umana, e il nuovo testo — per quanto moderno e più giusto — non prevede alcuna tutela per chi si trova in condizioni di salute gravi o di vulnerabilità personale.

Il caso (comune) dell’inquilino invisibile

Pensiamo a un caso che non è affatto raro. Un inquilino vive in affitto da dieci anni. Ha sempre pagato puntualmente, ha installato a sue spese climatizzatori, tende, boiler, migliorando l’abitazione più di quanto abbia mai fatto il proprietario. Si è costruito lì dentro una vita: abitudini, ricordi, sicurezza.

Poi, all’improvviso, arriva una malattia grave. Un’operazione urgente, una diagnosi pesante, una lunga convalescenza. Proprio in quel momento, il padrone di casa annuncia modifiche strutturali all’appartamento. L’inquilino, spaventato e stanco, rifiuta: non può sopportare lavori, rumore, polvere, estranei. Non ce la fa, fisicamente e psicologicamente.

La risposta del proprietario? Quella che in Repubblica Dominicana, ancora oggi, si sente troppo spesso: “Se non ti sta bene, vattene”.

La legge dice poco, e il giudice può fare poco

In teoria, l’inquilino potrebbe rivolgersi al giudice. Potrebbe opporsi allo sfratto, chiedere più tempo, presentare certificati medici. Ma la legge non riconosce il diritto a restare nell’alloggio in base a uno stato di salute. Non esiste alcuna protezione specifica per malati cronici, persone con disabilità, anziani soli o soggetti in condizioni sociali fragili.

Il contratto, se scaduto, può essere non rinnovato. E anche se è ancora in corso, il proprietario ha sempre la possibilità di farlo cessare legalmente, a meno che non si violino i termini formali. La malattia dell’inquilino, per la legge, non conta.

Il giudice può al massimo concedere una proroga, ma non può impedire il trasloco. E il trasloco, in questi casi, può essere una condanna anticipata.

Dove finisce il diritto, e dove comincia la giustizia?

La nuova legge sugli affitti è indubbiamente un passo nella direzione giusta. Ha introdotto garanzie che prima non c’erano, ha limitato gli abusi, ha riportato un po’ di ordine. Ma non basta una buona legge per avere una società giusta.

Serve anche empatia, visione sociale, e soprattutto il riconoscimento di un principio fondamentale: la casa è molto più di quattro mura. È stabilità, dignità, respiro. E chi vive in affitto, soprattutto se malato o fragile, ha bisogno di protezione.

Un contratto di dieci anni, sempre onorato, dovrebbe valere qualcosa. Un inquilino che ha migliorato l’appartamento e che non può fisicamente traslocare dovrebbe avere strumenti per difendersi. O almeno il diritto di restare fino a quando le sue condizioni non migliorano.

Una riforma a metà

In conclusione, possiamo dire che la legge dominicana sugli affitti ha fatto molto, ma non ha ancora fatto abbastanza. Ha messo regole dove prima regnava il caos, ma non ha ancora dato voce a chi rischia di restare invisibile.

Chi vive in affitto continua a essere considerato un “occupante temporaneo”, anche se lì dentro ha costruito una vita. E quando la salute viene meno, quando le forze fisiche si esauriscono, nessuna clausola lo protegge. Nessun articolo, nessun comma.

È tempo che il legislatore si ponga una nuova domanda: possiamo continuare a ignorare la fragilità, la malattia, la solitudine, nel nostro sistema abitativo?
Se la risposta è no, allora il prossimo passo deve essere chiaro: trasformare il diritto alla casa in un diritto davvero umano. Anche per chi non possiede nulla, se non il bisogno di restare.

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