lunedì 4 agosto 2025

Santa Domenica Talao, la culla dell'immigrazione italiana nella Repubblica Dominicana


                        Nella foto: Membri della numerosa colonia calabrese da Santa Domenica Talao (cs)

Foto scattata nella città di Santiago de los Caballeros, Rep. Dominicana.
Anno 1916


I Nardi, come i Russo, i Grisolia, i Pappaterra, i Di Franco, Di Puglia, San Giovanni, D’Allessandro, Riccetti, Senise, Longo, Schiffino, Conte, Oliva, Di Carlo, Sarubbi, Di Vanna e tanti altri, arrivarono nella Repubblica Dominicana oltre cent’anni fa da Santa Domenica Talao, borgo dell’alto Tirreno cosentino. In maggioranza piccoli si trattava di possidenti e professionisti. Si stabilirono a Santiago, La Vega, Puerto Plata e Gaspar Hernandez.
Tutto ebbe inizio 150 anni fa. La Spagna abbandonava volontariamente Hispaniola. I Savoia conquistavano il regno di Napoli. Un certo “sergente”, originario di Santa Domenica Talao, in servizio nella cittá di Puerto Plata con l’esercito borbone, tornato in patria, ebbe modo di constatare la grande crisi provocata dalle nuove leggi savoiarde. Raccontò di un nuovo e libero paese nel nuovo mondo. Fu il primo a tornare.
In quel tempo Puerto Plata era la capitale della nascente Repubblica Dominicana. Poco a poco: “u sargentu” fu seguito da molti paesani i quali prosperarono molto. La casa Di Vanna & Grisolia, per esempio, quasi monopolizzò il commercio d’esportazione di tutto il Cibao. Molti si unirono e fondarono un’associazione benefica, denominata “Pro Santa Domenica Talao”, unicamente per inviare risorse monetarie  in patria. Tali somme furono usate dalle autorità facendone palese la provenienza.
Attualmente nella Repubblica Dominicana sono migliaia i discendenti di quei lontani pionieri, molti arrivati alla sesta generazione. Tanti altri, nati negli anni trenta e quaranta, parlano tuttora il dialetto del paese, imparato nelle case materne, giacché nessuno di quei vecchi emigranti conosceva la moderna lingua italiana e comunicavano in spagnolo con altri connazionali non meridionali. I dialetti italici, infatti, sono molto diversi e spesso incomprensibili tra loro. Per questo è bravo chi è in grado di capire anche solo alcuni dei tanti proverbi italici in lingua locale.  Piemontese: “L’aso ‘d Cavor as lauda da sol”. Friulano: “Il clip di mai svee il caj”. Sardo: “Trunch’ e figu, hast’e figu”. Pugliese: “vi dim nu pikk’ a cci si ttu e a cci só jji”. Siciliano: “ca cu voli a butti ghina e a muggheri ‘briaca”.
Detto questo, é facile intuire che, se tutti gli emigranti italiani d’Argentina, avessero parlato una sola lingua, oggi sarebbe quella ufficiale in quella nazione.

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