Negli ultimi giorni si è accesa una polemica che divide l’opinione pubblica dominicana: il permesso concesso dal governo agli Stati Uniti di dislocare, sul territorio nazionale, unità specializzate nella lotta al narcotraffico, in particolare quello proveniente dal Venezuela.
Un fenomeno che, secondo molte fonti internazionali, non è più soltanto criminale, ma presenta da anni caratteristiche istituzionalizzate, con settori del regime di Nicolás Maduro coinvolti direttamente nel cosiddetto Cartel de los Soles.
Tra sovranità e sicurezza nazionale
I critici dell’accordo parlano di sovranità violata, di ingerenza e di rischio geopolitico. Argomenti che, sulla carta, hanno un loro peso. È comprensibile che un Paese rivendichi il pieno controllo del proprio territorio e diffidi di qualsiasi presenza militare straniera, specialmente in un’area sensibile come i Caraibi.
Ma c’è un punto che spesso si ignora nel dibattito pubblico:
la Repubblica Dominicana non è un’isola isolata dal mondo, e il narcotraffico internazionale non conosce confini né formalità diplomatiche. Le rotte della droga che passano per il paese non sono un problema teorico, ma una minaccia diretta alla sicurezza, all’economia e alla stabilità sociale.
Gli Stati Uniti come alleato strategico
In questo contesto, la collaborazione con gli Stati Uniti non è un atto di sottomissione, ma una scelta di pragmatismo. Washington ha mezzi, tecnologia e intelligence che la RD, da sola, difficilmente potrebbe mettere in campo con la stessa efficacia.
E se queste operazioni servono a indebolire il traffico di droga che finanzia un regime autoritario come quello venezuelano, il discorso assume un valore ancora più ampio.
Il punto centrale: il Venezuela
Il popolo venezuelano ha già sofferto abbastanza: crisi economica devastante, repressione politica, esodi di massa, violazioni dei diritti umani documentate.
Se una maggiore pressione internazionale – anche attraverso il contrasto ai flussi criminali che sostengono il potere di Maduro – può facilitare un cambiamento, allora è legittimo domandarsi se davvero questa collaborazione sia un problema o piuttosto una opportunità storica.
Realismo, non romanticismo politico
Non viviamo nel mondo ideale dei manuali di geopolitica: viviamo in un’area dove cartelli, clan, milizie e governi ambigui convivono e interagiscono.
In questo scenario, scegliere di collaborare con chi ha le risorse per incidere realmente non è perdere la sovranità: è difenderla.
Le polemiche sono inevitabili, e forse anche salutari. Ma ridurre tutto a un “pro o contro gli Stati Uniti” è un esercizio sterile.
La vera domanda è un’altra:
questa collaborazione può migliorare la sicurezza dominicana e contribuire a far pressione sul regime venezuelano?
Se la risposta è sì, allora vale la pena mettere da parte i riflessi ideologici e guardare alla realtà dei fatti.
Perché tra romanticismi anti-imperialisti e narcotraffico senza frontiere, solo uno dei due rappresenta una minaccia concreta per la Repubblica Dominicana. E non è il primo.

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