Sono oltre sette milioni.
Pagano tasse, mantengono legami familiari, culturali ed economici con l’Italia.
Rappresentano un pezzo fondamentale dell’identità nazionale nel mondo.
Eppure, per lo Stato italiano, gli italiani all’estero continuano a essere cittadini di serie B.
Non è un titolo polemico. È una fotografia.
Negli ultimi anni chi vive fuori dall’Italia ha visto ridursi i servizi consolari, allungarsi i tempi per documenti essenziali, complicarsi l’accesso a diritti basilari come il rinnovo del passaporto, la trascrizione di atti civili, il riconoscimento della cittadinanza per i figli nati all’estero.
In molte circoscrizioni consolari ottenere un appuntamento è diventato un percorso a ostacoli che dura mesi, a volte anni.
Per un passaporto, un atto di nascita, un semplice certificato, si è costretti a rivolgersi a intermediari, viaggiare per centinaia di chilometri o pagare servizi privati. Una situazione paradossale per cittadini che lo Stato continua però a considerare utili quando si parla di rimesse, investimenti, promozione del Made in Italy.
La politica, nel frattempo, si ricorda degli italiani all’estero quasi esclusivamente in occasione delle elezioni. Il voto per corrispondenza viene celebrato come conquista democratica, salvo poi essere gestito con ritardi, disservizi e polemiche ricorrenti. La partecipazione cala, la fiducia diminuisce, l’astensione cresce. Non per disinteresse, ma per stanchezza.
E mentre si chiede agli italiani all’estero di “restare legati al Paese”, mancano politiche concrete per chi vive fuori:
– pensionati che faticano a ottenere informazioni chiare;
– giovani espatriati senza reale tutela;
– famiglie miste che si scontrano con una burocrazia opaca e lenta;
– associazioni storiche che sopravvivono grazie al volontariato più che al sostegno istituzionale.
Il problema non è solo amministrativo. È culturale.
L’Italia continua a guardare all’emigrazione come a qualcosa del passato, quando invece è una realtà presente e in continua crescita. Gli italiani all’estero non sono un “ricordo” né una voce marginale: sono una parte viva del Paese, che chiede rispetto, ascolto e servizi adeguati.
Fatti Nostri continuerà a raccontare queste storie, a segnalare le criticità, a dare spazio a chi spesso non ne ha.
Perché quando mancano le grandi notizie, la grande notizia è sempre la vita reale delle persone.
E quella, oggi, parla chiaro.

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