venerdì 5 dicembre 2025

Il pericolo di un giornalismo senza preparazione


La brutale aggressione contro il comunicatore di Las Terrenas Dj Rafy, oggi in fin di vita, ci ricorda una verità scomoda: il giornalismo di denuncia è un mestiere estremamente pericoloso, soprattutto in Paesi dove la violenza e l’impunità fanno parte della quotidianità.

Non si tratta solo di raccontare i fatti.
Si tratta di confrontarsi con interessi oscuri, reti criminali e poteri che non esitano a colpire chi ritengono una minaccia.

Per questo, in tutto il mondo, il giornalismo d’inchiesta richiede formazione, etica, metodo e una piena consapevolezza dei rischi.

Ed è qui che nasce il problema.

Oggi chiunque può aprire un canale YouTube, accendere un microfono o mettersi davanti a una telecamera e autodefinirsi “giornalista”.
La libertà di espressione — che difendiamo senza esitazioni — non è la stessa cosa dell’esercizio professionale del giornalismo.

E lo precisiamo con rispetto assoluto: quando parliamo di mancanza di preparazione o di inesperienza, non ci riferiamo necessariamente al caso di Dj Rafy, che oggi merita solo solidarietà e sostegno.
Parliamo del fenomeno generale di tante persone che, senza formazione giornalistica, si improvvisano cronisti, affrontano temi delicati e si espongono — spesso senza saperlo — a rischi enormi.

Lo diciamo per il loro bene.

Non è prudente denunciare, accusare o indagare questioni sensibili senza conoscere i protocolli di sicurezza, la verifica delle fonti, la gestione dell’informazione critica e le tecniche di autoprotezione.
Il giornalismo non è solo parlare: è sapere come, quando e con quali precauzioni parlare.

Ma il rischio non riguarda solo chi comunica.
Riguarda anche chi ascolta.

Il pubblico spesso non ha gli strumenti per distinguere tra:

  • informazione verificata e voce di corridoio;

  • giornalismo professionale e opinione personale;

  • inchiesta seria e contenuto improvvisato.

Questo clima informativo confuso disorienta la popolazione, genera sfiducia e, talvolta, può mettere in pericolo altre persone.

Il caso di Dj Rafy deve far riflettere, non creare divisioni.
La libertà di espressione è fondamentale, certo, ma il giornalismo è un mestiere, e come tale richiede preparazione, responsabilità e consapevolezza del rischio.

Permettere — o addirittura applaudire — chi si improvvisa giornalista solo perché dispone di una telecamera o di un microfono non democratizza l’informazione:
la espone, la indebolisce, la rende vulnerabile.

Lo diciamo senza arroganza e senza censura: il giornalismo improvvisato è pericoloso, sia per chi lo fa che per chi lo segue.
E in un Paese dove la violenza può colpire da un momento all’altro, questo è un campanello d’allarme che non possiamo ignorare.

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