Italiano che arriva in Repubblica Dominicana:
— “Che fai qui?”
— “Ho un ristorante.”
Fine del cliché.
Se ci pagassero un peso ogni volta che sentiamo questa conversazione, oggi saremmo tutti milionari a bordo piscina a Casa de Campo. E invece no: stiamo ancora qua a chiederci, con una mano sul cuore e una forchetta nell’altra, cosa ha portato davvero l’immigrazione italiana nella Repubblica Dominicana.
Un patrimonio gastronomico (e calorico)
La risposta più ovvia — e anche la più gustosa — è la cucina. Gli italiani qui hanno sfamato mezza isola. Hanno preso il concetto di pizza “dominicana” con ketchup e salame finto e l’hanno restituito al mondo sotto forma di vera pizza, con mozzarella, pomodoro e — grazie a Dio — senza mais.
Ci sono chef stellati, pizzaioli che lavorano a 40 gradi all’ombra davanti a un forno a legna e baristi che, invece del ron con cola, ti preparano un espresso come Dio comanda.
Solo questo vale la cittadinanza onoraria.
Ma oltre la cucina… qualcosa c’è?
Sì, certo. Ci sono imprenditori. Alcuni fanno gelati. Altri importano pasta, vino, formaggi. Poi ci sono quelli che vendono piscine, costruiscono case, affittano jeep, organizzano escursioni, fanno siti web, vendono immobili, riparano climatizzatori e — udite udite — ci sono anche avvocati, architetti, medici e persino insegnanti.
Lo so, non è facile da credere. Ma l’italiano è una creatura versatile: oggi ti fa una carbonara, domani ti apre una clinica estetica.
L’italiano: un animale tropicale adattabile
Perché poi, diciamocelo, l’italiano in Repubblica Dominicana si adatta. Magari è arrivato con il sogno di aprire una galleria d’arte, ma dopo tre bollette di EdeEste e un affitto in pesos “indexado al dólar” ha capito che era meglio fare focacce e spritz.
E va benissimo così. Perché anche portare un po’ di cultura gastronomica è cultura. E anche far funzionare un bar in cui si può parlare italiano, bere un Negroni e ascoltare Battisti, è una forma di resistenza culturale.
E allora… grazie, pizzaioli!
Quindi no, non abbiamo portato solo pizza e cappuccini. Ma anche se fosse: volete mettere la felicità di un dominicano che assaggia una vera lasagna per la prima volta nella vita?
Se poi un giorno nascerà un premio Nobel dominicano con sangue italiano, ne parleremo. Ma intanto, lasciateci onorare chi, ogni giorno, combatte il caldo, il blackout e le farine locali per farci sentire a casa.
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