venerdì 25 luglio 2025

Pizza, pasta e prediabete: come sopravvivere da Italo-Dominicani tra nostalgia italiana e fast food caraibico


Per noi italiani, la pizza non è solo un piatto: è un simbolo. È domenica in famiglia, è amicizia, è casa. E lo stesso vale per la pasta, per il pane, per quel modo tutto nostro di stare a tavola. Ma cosa succede quando arriva una diagnosi che stravolge tutto questo?

Quando ti dicono che hai il diabete, o sei in prediabete, la prima reazione è panico: “Addio pasta? Addio pizza? Addio Italia?”

No, non è una condanna a morte. Ma è un brusco risveglio. Serve cambiare mentalità, e tornare a mangiare davvero come italiani. Non come abbiamo fatto negli ultimi decenni, tra esagerazioni, porzioni enormi e cibo industriale.

Il problema non è la pasta, è l’abuso

La vera dieta mediterranea — quella contadina — non era un trionfo di carboidrati raffinati. Era fatta di equilibrio: pane integrale, legumi, verdure, olio extravergine, pesce, un po’ di vino e movimento.
Oggi, invece, spesso la nostra “italianità alimentare” si riduce a pasta bianca, pizza surgelata e dolci confezionati. E il nostro corpo, sotto sotto, si ribella.

La pizza: patrimonio o pericolo?

Prendiamo proprio lei, la pizza. Nata a Napoli, cresciuta col pomodoro americano e la fantasia del popolo, diventata mito con la regina Margherita nel 1889. Un piatto povero, ma perfetto.

Oggi è riconosciuta come patrimonio dell’umanità. Ma c’è pizza e pizza.

Una pizza artigianale, fatta con farina buona, lievitazione lunga, pochi ingredienti freschi, è un pasto completo e bilanciato, anche per chi ha il diabete.
Una pizza industriale — con croste ripiene, salse dolci, cheddar, bacon e ananas — è una bomba glicemica travestita da cena.

E nella Repubblica Dominicana? Una sfida culturale

Per gli italiani che vivono nella Repubblica Dominicana, la pizza è anche una battaglia identitaria.
Esistono ottimi pizzaioli italiani nel Paese — da Las Terrenas a Santo Domingo — che preparano pizze autentiche, con ingredienti di qualità. Ma la concorrenza è spietata: Pizza Hut, Domino’s, Papa John’s sono ovunque. Prezzi bassi, croste imbottite, salsine zuccherate. E un gusto pensato per palati locali, spesso poco abituati alla delicatezza della cucina mediterranea.

Il problema? Queste pizze non solo offendono il buon gusto, ma fanno male. Sono piene di grassi trans, zuccheri, additivi. Per un diabetico o prediabetico, rappresentano un pericolo concreto.

Cosa fare per non morire (né di fame né di nostalgia)?

  • Scegli pizza vera, da italiani veri. Una Margherita ben fatta vale più di una “extracheese” con sei condimenti.

  • Riduci le porzioni, ma non il piacere. Meglio mezza pizza buona che una intera finta.

  • Accompagna sempre con verdure o una passeggiata dopo pasto.

  • Riscopri la dieta mediterranea autentica: legumi, verdure, pesce, olio buono.

  • Evita zuccheri nascosti (bibite, succhi, salse pronte).

  • E ricordati: la qualità non si misura in chili né in calorie, ma in sapore, semplicità e salute.

Morale? Non rinunciare alla pizza. Difendila.

Il diabete non è la fine del piacere di mangiare italiano. È un invito a mangiare meglio, con più coscienza e più orgoglio.

E se vivi all’estero, come tanti di noi, non vergognarti di spiegare che la pizza vera non ha ketchup. Ha storia, ha sapore, ha anima.

Nessun commento:

Posta un commento